La Via dei Mulini
La Via dei Mulini
La Via dei Mulini o anche detta la Via dell’Acqua è un bel percorso pedonale che parte dal ponte in pietra denominato Ponte dei Sassi, costruito a monte di Piazza Roma per superare il torrente Rujo ed arriva al Bosco delle Penne Mozze.
L’itinerario si snoda lungo il torrente che fino all’inizio del secolo scorso era motore e risorsa delle realtà artigianali di Cison di Valmarino. In questo cammino si potranno vedere vecchi lavatoi ricostruiti, fontane, canalette con diverse chiuse, antichi mulini e loro resti che servivano per la lavorazione di lana, ferro, legno e farine.
In questo scritto vengono narrate le vicende storiche che hanno caratterizzato i mulini, lavatoi, ecc. presenti su questa via.
Il Borgo Capretta-Mugnai
Partendo quindi dal Borgo Capretta Mugnai, nome dell’ultimo mugnaio che operò in questo complesso fino al 1868, è possibile proseguire lungo via Serenissima costeggiando Palazzo Montalbanc. Quest’ultimo nel Seicento ospitava la residenza del podestà di Cison. A ridosso della costruzione si trova un pozzetto con doppia chiusa, che oggi consente lo scarico dell’acqua mentre, in passato, permetteva di deviare l’acqua fino agli opifici della contrada Baleghin posta più a valle.
Una delle famiglie che lavorava nel Borgo Capretta erano i Masutti, questi risiedevano nel palazzo posto all’ingresso del Borgo sul lato destro della strada. Nel Borgo vi erano due ruote mosse sì dall’acqua del Rujo, ma convogliata fin qui attraverso un piccolo canale artificiale, denominato Rujea, che passava a ridosso delle ruote e con un sistema di piccole chiuse ne permetteva il movimento. Una ruota venne trasformata in motore idraulico, sul finire degli anni Ottanta dell’Ottocento, per poter muovere le scrematrici dell’allora latteria. La seconda ruota venne dismessa poco dopo ed è conservata all’interno del giardino del Palazzo Montalbanc. Il fabbricato è attualmente una residenza privata e non è aperto al pubblico.
All’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento, nel Borgo Capretta venne istituita una Latteria Sociale grazie all’intuizione del medico Luigi Alpago Novello. Questa attività continuò ad operare fino agli anni Settanta del Novecento. Prima di diventare una latteria, questo mulino era impiegato come follo per la lana.
Proseguendo su via Serenissima, sulla sinistra, prima dello slargo che ospita anche l’ex lavatoio e che mette in evidenza come era costruito il Rujea, si trova un fabbricato che in passato vedeva la sua ruota prendere forza dalle acque fin qui convogliate. Qui era attiva la Segheria del Borgo Capretta. Anche questo mulino nei secoli precedenti serviva come macina per i cereali, mentre come segheria produceva scatole e materiali necessari alla vicina latteria. Sul lato verso il torrente, sono ancora visibili i resti murari del vecchio salto d’acqua.
Oggi potremmo dire che il sistema economico del Borgo Capretta era integrato e che i vari “reparti” collaboravano fra loro con lo scopo finale di immettere nel mercato un prodotto finito: il latte ed i suoi derivati.
Il Maglio della Maritera
Continuando la camminata verso il Bosco delle Penne Mozze, poco distante dal Borgo Capretta, troviamo il Maglio della Maritera. Originariamente, questa fu un’antica fucina fatta costruire da Guido VIII Brandolini nel 1692. La ruota era posta sul lato nord del fabbricato, in modo trasversale rispetto alla canaletta costruita per portarle l’acqua.
Nel 1812, le mappe segnalano questo edificio come maglio da ferro di proprietà della famiglia Brandolini. Attualmente la costruzione è un’abitazione privata. Una particolarità che si può facilmente notare è che sul muro dell’abitazione è ancora visibile l’anello per legare gli animali in sosta.
I Mulini Fiorin
Avanzando e scarpinando un po’, si arriva all’antico Mulino Fiorin di Caldenever. Mulino già presente nel Catasto dei Brandolini del 1689 come “Casa da molini con due ruote”. I proprietari erano i Brandolini ma il complesso fu gestito dalla famiglia Fiorin fino alla sua dismissione avvenuta nel XX secolo. Diversi furono, nel corso del tempo, i proprietari dell’antico mulino. Gli attuali proprietari, la famiglia Salton, lo acquistarono verso la fine degli anni Quaranta del Novecento, dalla famiglia Frare.
Proseguendo il percorso su questa Via d’Acqua, ci si imbatte in un altro Mulino della famiglia Fiorin. Le prime informazioni storiche su questo mulino risalgono al 1650 quando i Conti Brandolini concessero ai fratelli Bernardi il follo da panni. Non si conosce l’uso originario di questa antica costruzione. Quello che sappiamo è che ci fu un cambio di destinazione che comportò un gran lavoro da parte del personale specializzato.
Nel Catasto dei Brandolini del 1689, il Mulino Fiorin risulta una casa da follo. La situazione restò immutata fino agli anni Novanta dell’Ottocento. Negli anni Settanta del XIX secolo la destinazione mutò e divenne mulino da grano. L’attività molitoria continuò per tutto il secolo. All’interno vi sono ancora le macine, i meccanismi sono stati asportati. La proprietà era ed è sempre la medesima: la famiglia Fiorin. L’edificio è stato restaurato.
Nei pressi dei fabbricati sono ben visibili le opere di canalizzazione dell’acqua ricostruite come i lavatoi.
Fabbrica di Cappelli
Il penultimo fabbricato che si può notare, percorrendo la Via dei Mulini è l’edificio denominato Fabbrica di Cappelli, attualmente è un rudere. Molto probabilmente questo mulino venne realizzato con la messa in opera della seconda presa del ponte-canale vicino all’ultimo mulino cioè quello di Cencio Ciae. Interessanti comunque sono tutte le opere di canalizzazione che da monte portano a valle l’acqua nelle canaline e nei ponti costruiti apposta per sostenere le condotte. Durante l’Ottocento questo follo da lana venne ampliato affiancandone un secondo edificio. Con la Grande Guerra il follo venne distrutto da una bomba lanciata dal Piave, dall’esercito italiano che centrò la costruzione. Non venne mai ricostruito.
Mulini di Cencio Ciae
Continuando la passeggiata per salire fino al Bosco, si può arrivare all’ultimo mulino in località San Silvestro, quello di Cencio Ciae. Il Mulino ebbe diversi proprietari fra i quali, è possibile ricordare, il mugnaio Vincenzo Moret soprannominato Cencio Ciae. È una delle costruzioni più antiche presenti lungo la via. Non sappiamo quando venne costruito, sappiamo che funzionò come follo di panni nel corso del Seicento e, forse prima del XVII e dopo come mulino per macinare il grano.
Nel Novecento, vi erano due ruote in funzione: una era proprietà della famiglia Moret e l’altra della famiglia Fiorin. Diversi furono i rimaneggiamenti realizzati nell’edificio fra i quali, uno molto consistente, negli anni Sessanta del XX secolo.
A Cison di Valmarino vi sono altri tre ex lanifici e folli da lana: la Filanda Borgo Baleghin, il Mulino Moretto detto dei Lavagni ed il follo Moretti-Masutti. Questi ultimi non sono nella Via dei Mulini e si trovano più a valle rispetto al punto di partenza del percorso.
Continua
Il tragitto continua alternando piccoli tratti pianeggianti con leggere salite. La zona regala scorci bellissimi e tra il sentiero, i piccoli ponti e le passerelle da superare, si trovano anche curiose opere d’arte a sorveglianza dell’ambiente. Per chi ha l’occhio indagatore, non manca la fauna del luogo a fare compagnia magari da lontano.
Sempre presente il suono dell’acqua. Il Rujo resta il comune denominatore del posto fino a quando si arriva al Bosco delle Penne Mozze.
Per questo luogo non servono le parole. Una visita darà sicuramente ancor più senso a questa bella passeggiata.
Per salvaguardare, curare il percorso, è stata costituita l’Associazione la Via dei Mulini con lo scopo di far conoscere, sempre di più, questa realtà cisonese.
Per coloro che volessero approfondire la Storia della Via dei Mulini segnaliamo il libro: “Farina, Ferro, Lana, Legno. I mulini della valle del Soligo. Storia, luoghi e trasformazioni” AA. VV. “Quaderni del Mazariol” Associazione La Via dei Mulini, 2016
Dove trovarla
Il punto di partenza si trova in via Serenissima 8