Il Piave
Il Piave è uno dei fiumi più importanti dell’Italia ed ha una valenza storica sia per gli abitanti dei luoghi che attraversa, sia per tutti gli italiani considerato che è Fiume Sacro alla patria per le vicende accadute durante la Grande Guerra.
Attualmente il fiume Piave, a causa dei numerosi prelievi di acqua che avvengono lungo il suo tragitto, si presenta spesso con un livello d’acqua ridotto rispetto al letto che ha occupato nel corso dei secoli trascorsi.
Il fiume nasce sul monte Monte Peralba nelle Alpi Carniche che segna il confine fra Friuli Venezia Giulia e Veneto e sfocia nel porto di Cortellazzo fra Eraclea e Jesolo.
Nel passato, il fiume non era come lo vediamo noi oggi, anzi era uno dei fiumi più pericolosi di tutta Europa. Nell’epoca preistorica, circa 15.000 anni fa, durante l’ultima glaciazione, nel suo bacino orografico vi erano ghiacciai spessi anche mille metri che lo arricchivano di acque ma che rendevano la zona inospitale. Vi erano dei punti, oltre la stretta di Fener verso la Valbelluna e quella oltre il ramo nella Valmareno verso Follina, dove i ghiacci erano ben presenti anche se la zona era a pochissima distanza dalla pianura.
In quell’epoca, il corso del fiume cambiava spesso direzione allagando aree che precedentemente non erano state interessate da simili fenomeni. La geografia di intere valli presenti nell’arco dolomitico e non solo cambiava spesso a seguito dei numerosi detriti che i ghiacciai spostavano o lasciavano. Depositi morenici, materiale che si sgretolava in più punti, cime emergenti, ecc. erano in continuo movimento ed il loro movimento modificò inevitabilmente l’intero territorio.
Prova di quanto detto sono evidenziate dalle “levigazioni” compiute nell’anfiteatro di Quero, oppure quelle della Val Belluna, in Alpago e nel Vittoriese specialmente nelle località di Fais, Nove, lago Morto e Fadalto.
Lo scrittore romano Plinio il Vecchio nel suo saggio “Naturalis Historia” parlando dei fiumi che sfociavano nel Mare Adriatico citava il Sile è la Livenza. Manca completamente un riferimento al Piave che probabilmente in prima epoca romana aveva un vasto delta che poteva coincidere con un sistema paludoso diffuso.
Durante il dominio della Serenissima, vennero costruiti argini artificiali per limitare i danni del fiume. Il primo canale di deflusso denominato Canal dell’Arco venne realizzato nel 1435 ma non ebbe successo.
Dopo la rovinosa Brentana del 1533 vennero costruiti, nel decennio 1534-1543, poderosi argini che fiancheggiavano il fiume da Ponte di Piave fino a Jesolo. Il termine “Brentana” era riferito alle piene del fiume Brenta, con il passare del tempo però, la parola venne utilizzata dagli abitanti del territorio per indicare anche le piene di altri fiumi.
Sempre in quel periodo, tenuto conto dei continui straripamenti del fiume, la Repubblica di Venezia decise di creare una serie di opere idrauliche per regimentarne le acque. Venne quindi costruito il Gran Taglio detto Piave Nuovo, cioè un canale forzato che dalla località Intestadura a San Donà di Piave sfociava in un estuario presso l’odierna Porto Santa Margherita. Questo canale venne costruito fra gli anni Quaranta e Sessanta del Seicento. Questa opera creò i presupposti perché il Sile venisse deviato sull’alveo vecchio del Piave e così facendo venne liberata la laguna di Venezia dal possibile insabbiamento dovuto all’attività delle acque del Sile.
In un’epoca successiva, gli alvei Piave vecchia e nuova vennero riadattati per dare la possibilità agli Zattieri di ripercorrere l’antica via verso Venezia. Gli Zattieri trasportavano legna dai Boschi del Cansiglio e del Montello attraverso il corso del Piave fino a raggiungere il mare e poi la laguna.
Il fiume Piave mise in difficoltà anche altre zone venete come quelle attorno ad Oderzo ed in special modo Vazzola, San Polo, Cimadolmo e Roncadelle per i suoi continui straripamenti. Nel 1509 una spaventosa piena invase questi territori e l’acqua allagando tutto entrò anche nella chiesetta a Rai di San Polo di Piave dove il segno è ancora visibile.
Si ricordano anche altre alluvioni causate dal Piave come quelle nel periodo 1314-1316 presso Nervesa della Battaglia, nel 1408-1409 a Lovadina, del 1601-1642 presso Noventa e Fossalta, ecc.
Il Piave, non creò solo danni anzi fu un’importante fonte di sviluppo sia per i commerci che si crearono nel corso del tempo, sia per l’acqua con cui si irrigavano i raccolti.
Per questo fine, nel corso del Quattrocento, venne costruito a Pederobba un canale: la Brentella. Quest’ultima servì per dare sviluppo a tutta l’area montebellunese e portò acqua dove fino a poco prima non c’era.
Sulla Sinistra Piave vennero create altre canalizzazioni. Una di queste, detta Piavesella di Colfosco, iniziava all’altezza di Mina di Colfosco e continuava verso Oderzo e le campagne adiacenti la città. Il canale Brentella Piccola detta anche Roia de Tron vedeva la sua presa poco sotto Ponte della Priula.
Nel 1925 dopo la Prima Guerra Mondiale, fu scavato anche il canale Vittoria sulla destra del fiume che venne diviso in tre rami: uno sostituì la Piavesella, gli altri due erano destinati alla zona fra Treviso e Piave. I loro nomi erano Priula e Ponente. Tutti i canali avevano il medesimo obiettivo: portare acqua per irrigare i campi e per dare da bere agli animali.
Nel corso del Novecento, con l’evolversi delle conoscenze tecnologiche, nacquero lungo tutto il fiume anche numerose centrali idroelettriche per produrre energia per gli scopi più diversi. L’utilizzo dell’energia motrice del Piave e dei suoi affluenti fu per anni il maggior privilegio della popolazione montana visto che era una risorsa inesauribile.
Attualmente, nella parte pianeggiante, i ponti per attraversare il Piave sono: quello a Vidor, quello a Ponte della Priula, quello alle Grave di Papadopoli, a Ponte di Piave, oltre a quelli ferroviari o quelli autostradali.
Il primo ponte, del quale si hanno documenti è stato realizzato nel 1196.
Nel passato la situazione era differente. Nel 1599 una xilografia di Mario Savorgran riporta i ponti costruiti nella parte montuosa del bacino orografico del Piave. Si vedono quello dell’Acquatona nei pressi di Sappada, tre al bivio con la Val d’Ansiei, il Ponte Peloso a Pelos, quello tra Lozzo e Lorenzago e quello a Domegge di Cadore.
Nel 1620 i ponti oltre a quelli sopracitati, vennero costruiti anche quelli di Santo Stefano di Cadore e di Perarolo.
Il primo ponte in pietra risale al 1841 ed era a cinque arcate, tre delle quali dovettero essere distrutte, circa dieci anni, perché inclinate pericolosamente dalle Brentane.
Diversi furono i ponti di legno costruiti e successivamente distrutti fino al 1866.
Nel 1884 venne inaugurato il primo ponte di ferro che venne distrutto nel corso della Grande Guerra.
In epoca medievale e non solo, l’attraversamento del fiume era garantito dai “passi barca”, sostanzialmente dei collegamenti fra una sponda e l’altra del fiume operati da persone investite di questo compito. Il passaggio era soggetto a dazi per le merci e a pedaggi da pagare, ecc. Spesso le giurisdizione nelle due sponde dipendeva da autorità diverse. Alcuni di questi passi barca si trovavano a: Capo di ponte l’attuale Ponte nelle Alpi, a Belluno, Nave di Mel, a Segusino, a Vidor, a Onigo, a Ciano del Montello, a Falzè di Piave, a Nervesa, ecc.
In merito ai passi barca a ridosso della pedemontana esiste una filastrocca popolare che diceva:
“Oh Signor da Vidor, ciolè la barca e vegneme a cior, che quel da Zian (Ciano), l è n pore can, che quel da Còl (Covolo), no me vol, de quel de Onigo no me fido, quel da Bigolin l’è masa picenin!”.
Come raggiungere
Il Piave si può vedere in diversi punti di Susegana come in via Mercatelli Mina